lunedì 2 dicembre 2013

L'ESPERIENZA DELLA POESIA


da: Piero Boitani, Letteratura e verità - Edizioni Studium (2013); pagg.72 - 76


 Le esperienze che più si avvicinano a quella della poesia sono quelle dell'incontro con l'altro: l'amicizia e l'amore. L'incontro con l'altro può essere un istante casuale, un momento di tutti i giorni, un mondo che si apre verso una persona sconosciuta in modo del tutto imprevisto, come in A une passante di Baudelaire, dove la "bellezza fuggitiva" che compare all'improvviso nel clamore della strada costituisce "una sorta di promessa che ci viene da fuori, di una pienezza possibile". Quella promessa viene mantenuta nell'amicizia [...]. Il fatto è che secondo tale interpretazione si vuole bene all'amico perché tale bene viene sentito come nostro: nel rapporto d'amicizia, insomma, riconquistiamo, ri-conosciamo, attraverso l'altro, noi stessi. In modo simile, nell'amore (Fedro e Simposio indicano la via alla seconda delle Elegie Duinesi) si attua una ricomposizione in unità, che mantiene però la differenza. Nell'atto d'amore c'è un momento in cui le nostre energie, i nostri desideri e bisogni sono come placati: "una sospensione dell'essere come se ogni cosa fosse al suo posto". Ora, "gli amanti potrebbero - secondo Rilke - dire meraviglie", quasi sentissero qualcosa del nostro essere originario, l'Adamo primigenio che è in noi, "quello che se ne stava beato con tutte le cose che erano, ed egli le poteva nominare". Ma viene, nell'Elegia stessa, il tempo dell'interrogazione, dopo l'appagamento e l'unità: "Eppure, superato dei primi / sguardi il terrore e la nostalgia alla finestra, / i primi passi insieme, una volta attraverso il giardino: / amanti, ancora lo siete?". C'è dunque, anche qui, un ritorno alla differenza, un rientro in sé, ma dopo la fusione. Ecco, qualcosa di simile avviene nella poesia, la quale celebra uno sposalizio della parola con la cosa, "e in esso un ritorno della parola a se stessa".
Nulla vi è di trascendentale in tutto questo. [...] Il poeta si troverebbe così a usare le parole per nominare le cose, come Adamo prima della Caduta, nella perfetta aderenza tra le une e le altre. Ma questa pretesa di trascendenza, di originarietà, è un errore già sottolineato da Nietzsche: "glorificare l'origine - scriveva in Umano, troppo umano - è questo il germoglio metafisico che rispunta nella considerazione della storia e che fa ogni volta credere che al principio di tutte le cose si trovi il più perfetto e il più essenziale". No, ribatte Calvo(*), "la poesia, l'uomo stesso, devono vivere nel peccato: nella condizione umana". [...]
E' alla terra che ci riconduce la poesia: non agli angeli [...]. L'angelo ha, per dirla con Agostino, una cognitio matutina: vede tutto direttamente in Dio e conosce le cose nel momento in cui il sole le svela per la prima volta. Non così l'uomo. Nel rapporto fra parole e cose, le parole restano parole, e le cose restano esterne ad esse. Tuttavia, "una qualche scintilla scoppia fra di esse: perché, se non ci fossero le cose, il linguaggio non avrebbe nulla da dire". [...]
L'uomo è invece legato alla cognitio vespertina, a una conoscenza che è già piena di ombre che si allungano: solo attraverso una serie di mediazioni sappiamo che ci deve essere stata una qualche mattina della nostra sera. "Allora diciamo così: la poesia è il canto della sera. Ma è un canto che gli angeli, i quali se ne stanno nella mattina, non possono capire". [...]
L'angelo conosce, all'uomo è dato comprendere [...]. Noi siamo invitati a comprendere, non ad afferrare direttamente la realtà. L'angelo non cessa di conoscere per tutta un'eternità. L'eternità che viene preparata per noi non è temporale. Nell'atto della comprensione noi abbiamo una forma di esperienza di qualcosa che può essere anche detta eterna, "non perché diventi eterna e debba essere collocata su un piedistallo, ma perché, per un istante o per quel tanto che noi la comprendiamo, viene sottratta alla dimensione della transitorietà".Ecco, questa è la cosa piccola: il dono della poesia è un "tesoro nostro... che non dovremmo mai pensare di scambiare con la condizione angelica: perché sarebbe un vano correre dietro alle chimere [...]".



(*) Francesco Calvo, L'esperienza della poesia, a cura di P. Boitani; tutte le citazioni tra virgolette, la cui fonte non è indicata, provengono da questo testo.

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