Tempo fa, un mio carissimo amico, che segue (bontà sua!) con attenzione le sorti del
mio lavoro poetico, mi fece notare come sovente nelle mie poesie ricorre il
sostantivo passo, con la sua variante
plurale passi.
L’osservazione
è più che attenta. La mia poesia è preminentemente poesia sull’uomo e caratteristica primaria di
questi, come di ogni altro essere vivente libero, è il movimento. Ora, il movimento dell’uomo, ovvero
il suo spostarsi nel tempo e nello spazio, si chiama cammino, di cui il passo
ne è l’unità di misura.
Alludendo
al passo (o ai passi), quindi, altro non faccio che alludere all’esperienza
umana attraverso la metafora di quell’unità semplice, quanto faticosa, che sta al
principio di ogni “traguardo”.
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