sabato 15 marzo 2014

Tempo fa, un mio carissimo amico, che segue (bontà sua!) con attenzione le sorti del mio lavoro poetico, mi fece notare come sovente nelle mie poesie ricorre il sostantivo passo, con la sua variante plurale passi.
L’osservazione è più che attenta. La mia poesia è preminentemente poesia sull’uomo e caratteristica primaria di questi, come di ogni altro essere vivente libero, è il movimento. Ora, il movimento dell’uomo, ovvero il suo spostarsi nel tempo e nello spazio, si chiama cammino, di cui il passo ne è l’unità di misura.
Alludendo al passo (o ai passi), quindi, altro non faccio che alludere all’esperienza umana attraverso la metafora di quell’unità semplice, quanto faticosa, che sta al principio di ogni “traguardo”.


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